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MARIO DEL REGNO: il diritto al seme e l’amore per la natura

Mario Del Regno, 29 anni vive a Montoro, un paese in provincia di Avellino. Dopo aver concluso il suo percorso universitario laureandosi in giurisprudenza ha deciso di avvicinarsi al lavoro della terra. È da sempre stata una sua passione ed infatti ha scritto una tesi sul diritto al cibo adeguato ed al seme, integrando le sue conoscenze giuridiche con le sue competenze e conoscenze agricole. Oggi ci parla di questi diritti, della sua passione per l’agricoltura e del suo sogno di una società più attenta all’alimentazione sana.

Raccontaci chi sei e cosa fai nella vita

Ho concluso il percorso di studi in giurisprudenza qualche mese fa. Ho voluto concludere approfondendo un argomento che mi sta a cuore, ovvero il diritto al cibo adeguato e il diritto al seme.

La mia famiglia mi ha trasmesso la passione per la terra e per il pane. Ha sempre portato avanti il concetto dell’autoproduzione, infatti mangiamo tutto ciò che produciamo. Io ad oggi coltivo la terra quotidianamente e settimanalmente panifico con grani antichi macinati a pietra e coltivati con metodi tradizionali. Coltivo inoltre anche lo zafferano.

Attualmente non ho una vera e propria occupazione, però non posso dire di essere disoccupato perché lavoro la terra e mangio quello che produco, ed è per me una forma di sostentamento. L’obiettivo è quello di farlo diventare un lavoro vero e proprio. Non come un’occupazione classica ma sotto forma di associazionismo, cooperando con altre persone e sviluppando un concetto di autoconsumo.

Ad oggi mi sostengono molte persone, c’è qualcuno che viene in campagna a darmi una mano, altri che mi sostengono moralmente, altri con cui invece condivido idee e progetti e cresciamo insieme.

Quando e perché hai capito che saresti voluto tornare al lavoro della terra? Come hai conciliato i tuoi studi con questa passione?

Già prima di concludere gli studi avevo quasi una paura di lavorare in ufficio, o comunque di trovare un’occupazione che non mi permettesse di ascoltare il vento, di stendermi su di un prato… quindi ho voluto semplicemente avere il tempo di guardare il cielo. Avevo paura che il mio tempo si sarebbe limitato in questo e per me lavorare la terra è invece come imparare a far scorrere il tempo lentamente.

Oggi ritornare alla terra è come sentirsi un po’ obbligati a trasformare un sistema che ormai è fallito. Abbiamo la necessità di proteggere l’ambiente e cercare di mantenere un atteggiamento di rispetto nei confronti delle risorse naturali, e non solo per la nostra storia, ma anche per il nostro futuro.

Credo dunque che coltivando la terra si possa dare un forte contributo a tale trasformazione ed è in tal senso che i miei studi possono combaciare perfettamente con quello che sto facendo. Abbiamo bisogno di un’evoluzione. Siamo in continua evoluzione, ma il progresso spesso non è un’evoluzione ma una distrazione, invece io cerco di lavorare la terra in modo sostenibile, lavorandola in modo tradizionale, ovvero senza utilizzare prodotti chimici o distruggendo l’ambiente.

Nel momento in cui produco, io che mangio quello che produco in effetti riduco le mie ore lavorative, perché devo lavorare di meno e perché non ho bisogno di andare al supermercato e spendere soldi, quindi ho molto più tempo da dedicare alla mia vita. Facendola diventare una questione più ampia l’obiettivo è quello di poter garantire il buon cibo a chi non ha la possibilità di lavorare la terra e allo stesso tempo garantirne l’accessibilità, perché oggi si parla di buon cibo a costi troppo elevati, invece non utilizzando prodotti chimici e facendo tutto in modo naturale, partendo dal seme fino alla raccolta, i costi si riducono quasi a niente e posso così garantire l’accessibilità al buon cibo a tutti.

 

Parliamo di diritto del seme…che cos’è? Che spazio occupa nel tuo percorso?

Parte tutto dal seme. Per capire il diritto al seme bisogna capire prima di tutto che cos’è il seme. Attualmente ci sono vari tipi di semi: c’è quello in versione nativa e poi ci sono quelli ibridi e geneticamente modificati. Solo quelli nativi si possono generare attraverso l’impollinazione. Questi semi possono essere scambiati liberamente tra gli agricoltori, invece quelli ibridi e geneticamente modificati, che vengono brevettati dalle multinazionali, no, perché le multinazionali ne impongono un prezzo.

Se prima si trasmetteva il seme da una generazione all’altra e c’era la libertà di coltivare, attualmente si è diffusa una cultura differente, che è più attenta alla chimica piuttosto che alla qualità del cibo. Parlare del diritto al seme vuol dire rendere liberi i contadini, liberi di non dover acquistare ad un prezzo che aumenta progressivamente da parte delle multinazionali che ne acquisiscono proprietà privata.

Se si garantisce il diritto al seme si garantisce anche il diritto di ogni comunità e di ogni popolo di poter scegliere autonomamente la propria alimentazione, in quanto l’alimentazione è fatta di odori, sapori, tradizione, cultura e crea l’identità culturale di una comunità. Parlare di diritto al seme significa parlare di libera scelta di utilizzare le sementi da parte degli agricoltori e soprattutto di avere una produzione completamente autonoma senza alcuna forma di controllo. Oggi il sistema alimentare è controllato e i semi per me diventano la base dell’agricoltura per proteggere innanzitutto la biodiversità.

Poi subentra un altro grande problema, che è quello fiscale, perché lavorando bisogna sottostare a delle tasse imposte che sono spesso molto eccessive e bisogna aumentare per forza il prezzo dei prodotti.  Il mio l’obiettivo è quello di formare un’associazione in cui tutti i soci possano liberamente consumare ciò che producono, e ciò che non possono produrre loro lo producono gli altri. Quello che oggi è un mercato competitivo vorrei che diventasse un mercato di cooperazione, perché alla fine l’obiettivo di ogni essere umano è quello di vivere bene.

 

 

Quali sono state le difficoltà che hai incontrato nel tuo percorso?

È partito tutto in modo naturale perché ho sempre avuto l’hobby per la terra e per il pane, l’ho fatto da sempre, ma non ne ho mai fatto un discorso serio per farlo diventare uno stile di vita. Attualmente è uno stile di vita perché se il vento soffia verso la direzione giusta non si trova nessun tipo di difficoltà.

Quali sono invece le cose che non ti fanno mollare?

La mia passione… alla fine si riduce tutto al banale: semplicemente piantare, vedere la nascita di una piantina e poi fermarmi ad aspettare la crescita, dove in questa attesa mi posso godere tutto ciò che mi circonda. E poi la cosa più bella della terra è che la raccogli e la mangi. Se apprezzi la semplicità della vita senza farla diventare complicata diventi quasi dipendente della terra, perché rende sereni.

 

Che consiglio ti senti di dare ai giovani?

Credo che oggi abbiamo bisogno di essere curiosi, di essere in continua scoperta, perché se si va veramente alla ricerca di qualcosa alla fine si troverà ciò che si cerca. Il problema è che oggi vogliamo tutti delle garanzie economiche e siamo disposti anche a venderci l’anima pur di averle. Invece quello che dobbiamo fare è indirizzarci verso la nostra passione, farla diventare un lavoro e questo può portare non soltanto una serenità a livello personale ma anche a una soddisfazione economica, quindi l’unico consiglio è quello di essere curiosi, perché siamo circondati di un sacco di cose belle.

 

Sara Fiori

Italiani bella gente

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