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SETTIMINA SCHIRINZI: il volontariato come impegno civile

Settimina Schirinzi 64 anni, ragioniera, impiegata presso la Regione Lazio oggi pensionata. Proveniente da Pavia ma ormai da trentacinque anni vive a Roma. Sposata con due figli. Appassionata di lettura e di pilates di cui è convinta praticante. Volontaria presso la comunità Sant’Egidio oltre alla Protezione Civile.

Sei quindi una volontaria?

Essere una volontaria non significa appartenere a una classe sociale o a una categoria professionale e tanto meno a un club. Semplicemente significa mettere a disposizione gratuitamente il tuo tempo per una causa, un progetto che ritieni utile per te, per gli altri e per l’intera società. Spesso si considera una volontaria come una specie di “dama di San Vincenzo”.  Questo mio impegno, presso le varie associazioni di assistenza, non è mosso dall’esigenza di rassicurare la mia “ anima” nel suo rapporto con l’aldilà.

Una volontaria laica?

Non penso che bisogni sforzarsi di etichettare la figura del volontario, che dà il suo impegno presso le tante associazioni di volontariato, siano esse laiche o religiose, in qualche maniera con enormi difficoltà vogliono aiutare chi ha bisogno. C’è un esercito di volontari che costantemente è occupato ad aiutare queste organizzazioni. Tutti nel più completo anonimato, che spesso neppure vedi, e di cui non conosci né la loro professione, ancor meno il loro credo politico o religioso. Comunque nessuno te lo chiede.

Sei soddisfatta del tuo impegno?

Quando collaboro nella gestione delle mense o per altri interventi, sono catapultata in un rapporto diretto con uomini e donne, con situazioni personali e collettive che prima non conoscevo e spesso neppure immaginavo. Un grande supermercato d’umanità. Sei principalmente tu che ti arricchisti. E’ molto di più quello che ti danno loro di quanto tu dai a loro.

Oggi sei pensionata e questo certamente aiuta per questa tua “missione”?

Non è una missione ma un impegno civile. Con una casa, un marito, due figli oltre ai miei interessi personali non certo mi “manca come impegnare il tempo”. Personalmente credo che oltre lo stato, per senso civico, ogni cittadino deve sentire l’obbligo di aiutare chi è rimasto indietro. Il tempo da impegnare per una cosa che ritieni giusta se veramente lo voglia lo trovi. Spesso quella del tempo è semplicemente una scusa.

Per diventare “volontaria” occorre una particolare predisposizione, alcune peculiarità specifiche?

Tutti possono dare volontariamente la propria disponibilità ad aiutare gli altri. Indipendentemente del proprio essere. Non esiste un metro di valutazione o un esame da superare. Giorni fa, per il troppo freddo, siamo andati a fornire pasti e coperte ai “ barboni” presenti nella zona di San Giovanni a Roma. Servivano essenzialmente coperte. Dopo un veloce giro di telefonate alle mie amiche ho raccolto più coperte di quanto immaginavo. Tante coperte, in pratica nuove, che erano ben conservate in cantina, spesso dimenticate. Bene anche le mie amiche, con questo loro spontaneo e semplice contributo hanno fatto “volontariato”. Anche loro sono state coinvolte nelle problematiche dell’assistenza ai bisognosi. Sicuramente solo rispondere alla mia richiesta e la loro disponibilità le ha rese partecipe al grande ed esteso mondo della solidarietà. Anche questo semplice gesto ha lascito a loro il “segno”. Gli “italiani bella gente” è un mondo molto più ampio di quanto noi stessi immaginiamo.

Considerazioni di una tua giornata da volontaria a Sant’Egidio?

Purtroppo il numero di persone che ricorrono alla mensa di Sant’Egidio aumenta sempre e vanno oltre le categorie che siamo abituati a immaginare. Non ci sono solo i “barboni”. Persone che travolti da uno stato di totale anomia rifiutano ogni rapporto la società. Oggi ci sono tanti emigranti, che non trovano occasioni d’inserimento nelle nostre società, ci sono tanti uomini, donne e famiglie intere che con la perdita del lavoro sono caduti nella povertà assoluta. Tanti separati. Tanti giovani.

Situazione tragica. Come pensi se ne possa uscire?

Se non ci fossero queste, seppur sempre minime, forme di soccorso e assistenza, da parte di tante associazione laiche o confessionali, molta gente sarebbe costretta a vivere nella più totale indigenza con un aumento esponenziale della mortalità. Pertanto la prima cosa da dire ai tanti volontari è GRAZIE. Personalmente non ho la formula per risolvere il problema. Credo però che bisogna sconfiggere il male e le ragioni del male. Una società sarà migliore, più umana anche quando sarà sconfitta la povertà, la solitudine, l’egoismo. Quando a un bisognoso non sarà solo dato un pasto o una coperta, ma anche un aiuto concreto per farlo uscire dal suo stato d’indigenza allora possiamo dire che stiamo lavorando concretamente per lui. Forse basta poco. Non farlo sentire solo e inutile. Forse basta solo un sorriso. Quello che non si può fare è cercare di nascondere la polvere sotto il tappeto. Chi deve farlo certamente è principalmente l’intera comunità attraverso le sue istituzioni ma, ognuno di noi, giovane o meno giovane, donna o uomo, ricco o povero può e deve fare la sua parte. Quando tra di noi regna l’egoismo, l’odio per il diverso, per il più povero, solo perché ci siamo fatti convincere che le nostre difficoltà, specie in un periodo di crisi economica dipendono da loro: allora vuol dire che siamo ancora lontani dal volere e potere risolvere il problema.

*De Rosa Gerardo

 

Italiani bella gente

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