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JOE BALLUZZO: una vita in musica per realizzarsi e crescere sempre di più

Joe Balluzzo, classe 1990, romano. Cantante, cantautore, amante della musica da tutta la vita. Dal suo primo concorso vinto a 3 anni al suo ultimo brano Scusami ma sono felice uscito un mese fa ne ha percorsa di strada. Oggi ce ne parla e ci racconta le difficoltà e la bellezza di essere un cantautore, di dare vita alle proprie parole e di condividere su un palco le proprie emozioni.

 

Raccontaci chi sei e cosa fai nella vita

Sono un musicista, un cantante, un cantautore e un autore per altri artisti. Sono inoltre un vocal coach ed insegno anche inglese, perché sono laureato in interpretariato e traduzione. Insomma mi occupo di parecchie cose. Cerco di vivere la maggior parte della mia vita con la musica anche se ancora non è sempre possibile, però oggi, a differenza di prima, molto di più.

 

Come nasce la tua passione per la musica?

La mia passione per la musica in realtà nasce da quando ero molto piccolo, dai primi viaggi in macchina con i miei genitori. Spesso facevamo viaggi lunghi e io facevo ascoltare loro certe canzoni a ripetizione decine di volte, non ne potevano più. Però è anche molto strano perché nessuno della mia famiglia ha mai amato la musica, o meglio, amavano cantarla, avevano dei cantanti preferiti, ma non avevano una vera e propria passione.
Io non so come è nata la mia passione per la musica, il motivo non lo so, so solo che tutta la mia vita ha girato attorno alla musica, tant’è che ho vinto il primo premio quando avevo 3 anni, dopo di che mi hanno regalato a 5 anni la prima tastiera giocattolo, che avrà avuto forse due ottave ed io ci avevo disegnato col bianchetto le note sopra. A livello di canto a 8-9 anni mi sono bloccato perché – mi ricordo questo aneddoto – quando è uscito il Titanic e la canzone di Celine Dion My heart will go on, che io amavo terribilmente, me l’hanno fatta cantare così tante volte che a un certo punto non ne potevo più, ma l’evento che ha scatenato realmente un mio distaccamento dal canto è questo, è avvenuto in un periodo in cui non riuscivo più a riconoscere la mia voce, perché i bambini crescendo iniziano a cambiare la voce. A un certo punto non riuscivo più ad ascoltarmi, non riuscivo più a cantarla come avrei fatto un tempo.
Credevo infatti di non sapere più cantare ed avevo smesso completamente, mi ero dedicato esclusivamente allo studio del pianoforte. Ho riniziato a cantare a 10 anni con il coro della scuola perché a quello ci tenevo particolarmente. Ero traumatizzato ogni volta che dovevo cantare da solo perché avevo una voce che non si capiva se fosse alta o bassa, cambiava ogni giorno. Sono riuscito a sbloccarmi nuovamente verso i 15-16 anni con i primi concorsi, e poi ho preso definitivamente il via a 19 quando ho iniziato a fare i club di musica dal vivo. Nel frattempo comunque scrivevo canzoni. A 16 anni invece di seguire le lezioni di diritto io scrivevo musica.

Quando hai iniziato a scrivere?
A scrivere, non canzoni, a 7 anni. Io ogni settimana iniziavo un libro. Se non fossi diventato un cantante sarei voluto diventare uno scrittore infatti. A scrivere canzoni credo di aver iniziato a 15 anni, la mia prima canzone si intitolava “Voli via” dedicata alla mia prima delusione d’amore.

 

E come è cambiato il tuo modo di scrivere musica negli anni?

È cambiato perché all’inizio scrivevo molto di pancia. Inoltre quando ero piccino scrivevo in una maniera inglesizzata, perché dal momento che ascoltavo molta musica inglese e americana, mi venivano sempre melodie e parole tronche. Il primo disco Tra i miei colori è nato molto di getto. Mi rendo conto che quelle canzoni erano nate senza dedicare tanto tempo a capire come dare una forma più definita, che non so dire se sia meglio o peggio, però era così. Poi ho frequentato dei corsi di scrittura con dei nomi noti della musica, come Niccolò Agliardi, Sergio Vinci, Beppe Dati e devo dire che hanno toccato dei tasti in me che mi hanno fatto vedere una possibilità diversa di scrivere, un nuovo modo di utilizzare la mia lingua, con cui prima non andavo molto d’accordo.
Infatti i miei progetti nuovi hanno una cura diversa rispetto al primo disco, sia sui testi che sulla melodia.
Non ti saprei dire se si può insegnare a scrivere una canzone, perché credo che per scrivere una canzone devi avere qualcosa dentro da dire, però posso dire che quegli insegnanti hanno fatto in modo che quando mi trovo a scrivere, oggi riesco a riconoscere la cosa giusta e a mantenerla, eliminando ciò che è in eccesso.
Riesco a bloccare quello che non serve per dare spazio a quello che serve. Prima mi accontentavo più del suono della canzone e lasciavo che il testo fosse più a libera interpretazione, oggi quando leggo la canzone deve essere già chiaro quello che voglio dire, deve avere un senso anche leggendola. Quindi credo che il mio modo di scrivere sia cambiato grazie all’incontro con queste persone…e alla mia crescita personale.


Che cos’è per te la musica?
Per me la musica è la mia migliore amica, è quella che mi ha salvato quando ero un bimbo un po’ incupito e solo, che non aveva amici, che soffriva d’asma e non poteva andare a giocare al parco. Ero sempre chiuso in casa e la musica era quella che mi faceva sentire meno solo. Passavo le giornate dentro il mio stanzino con la tastiera e suonavo tutto il giorno. Le emozioni che non riuscivo a vivere fuori le vivevo grazie alla musica, è la colonna sonora dei miei momenti più belli, di quelli più brutti, di quelli di crescita, di quelli di disperazione…c’è una canzone che accompagna ogni singolo momento della mia vita e quando devo ricordarmi dei momenti mi ricordo le canzoni.

Quando hai capito che volevi vivere di musica e lavorare nella musica?
C’è una bella differenza secondo me fra quando ho capito che volevo e quando ho capito che avrei potuto. Quando ho capito che volevo vivere di musica? Sin da piccolo, ho sempre detto che volevo diventare una popstar, era proprio chiaro, perché era la cosa che mi piaceva di più.
Io ho  una caratteristica, che a volte considero il mio più grande pregio ma allo stesso tempo il mio più grande difetto: quello di appassionarmi a tante cose. Ho tante passioni e mi capita di realizzarle tutte piuttosto bene ed è molto bello, però il fatto che non avessi solo una cosa e potessi investire solo su quella un po’ ha rallentato le cose.
Ho iniziato a capire di poter vivere di musica quando invece è uscito il mio primo disco e poco dopo ho iniziato a fare il tour in tutta Italia, ho condiviso palchi con artisti come Stef Burns, Masini, Danilo Sacco e lì ho iniziato a dire “è possibile fare solo questo”. Con una notevole difficoltà. Anche oggi ti direi che non lo so se è possibile vivere di musica e parlo di piccoli artisti indipendenti come di grandi artisti. È la musica in generale che è un mestiere difficile, perché è sempre precario, soprattutto ad oggi che è da marzo che non si riesce ad organizzare un concerto. Ad oggi i guadagni della musica sono sui concerti, perché la gente non la acquista più la musica. È un lavoro che richiede tanto, è proprio difficile. Ad oggi fare musica – o arte in generale – credo che sia proprio un atto di coraggio.
Io mi rendo conto che – dal 2015 che è uscito il mio primo singolo “Scivola”- sono 5 anni che porto avanti le mie cose nonostante tanti “no”, nonostante tante porte in faccia, io continuo ad andare avanti senza fermarmi mai perché so che è quello che voglio. E credo che questa situazione un po’ scremerà le persone che vogliono far musica solo ed esclusivamente perché fa tendenza, perché la musica non puoi scegliere di farla, la musica ti sceglie lei. C’è poco da fare.

Quali sono le difficoltà che hai incontrato nel tuo percorso?
La musica, come l’arte in generale, vive di passaparola, vive di condivisione. Il lavoro che c’è dietro è tanto e faticoso perchè c’è innanzitutto la scrittura creativa che ha un valore inestimabile, poi c’è la produzione del singolo, c’è la produzione del video, c’è la promozione sui vari canali radio, quindi richiede sia un impegno morale, sia un impegno fisico che economico. Quello che sconforta più spesso l’artista secondo me è che dopo tutto questo lavoro, una volta che ricevi commenti di apprezzamento se chiedi alle persone “mi aiuti a condividerlo” ti ignorano. C’è proprio una mancanza di condivisione. Quasi come se l’arte, che ti fa stare bene quei cinque minuti, poi sia fine a se stessa e non c’è quella spinta di pensare “se ha fatto così bene a me perché non aiuto in qualche modo a supportare?!” Questo ovviamente non da parte di tutti, voglio puntualizzarlo.
Oppure a volte mi dicono che sono bravissimo e che mi merito di calcare palchi importanti come Sanremo o simili, ed io rispondo sempre che se la gente a cui piace la mia musica mi aiutasse a condividerla potrei ottenere altrettanti risultati. E lì cala il silenzio. È come se molti pensassero che un artista diventa bravo solo quando qualcuno lo sceglie. Ovviamente non a tutti perché tantissime persone invece condividono.

Cos’è che non ti fa mollare nonostante tutto ciò?
Io non riuscirei mai ad immaginare la mia vita senza la musica, senza stare su un palco. Non riesco proprio a distaccarmi dalla mia voce, mi sento male solo al pensiero. Non so descriverlo, mi mancherebbe l’aria.

Cosa ti aspetti nel futuro?
Vorrei poter vivere solo ed esclusivamente con la musica, andando in giro, facendo concerti, scrivendo canzoni, e tutto ciò che è affine alla musica. A me piacerebbe sfruttare il mio estro musicale non solo per scrivere musica e facendo concerti, ma anche facendo cose limitrofe: partecipare ad eventi per riuscire a raccogliere fondi per la ricerca, scrivere dei libri relativi alla musica e tanto altro. Vorrei vivere solo di arte, ma non solo di arte per me, ma anche in qualche modo riuscire ad aiutare gli altri a tirare fuori il proprio modo di esprimersi.
Se io guardo i miei cantanti preferiti penso che loro non solo mi hanno dato la possibilità di iniziare a cantare, ma mi hanno dato un modo di esprimere me stesso. Io facendo una cosa senza sapere di farla in realtà aiuto tantissime altre persone senza neanche saperlo. Anche solo questo mi basterebbe per essere felice, ma soprattutto vorrei poterlo fare dedicandomi esclusivamente a questo, cosa che ad oggi non è possibile ancora.
E poi vorrei girare in tutto il mondo. Perché il progetto che sto seguendo ha iniziato ad uscire anche in Spagna e in Sud America, Scusami ma sono felice il mio ultimo singolo, è arrivata anche in Australia ed è uscito anche un articolo su un giornale Argentino. Vorrei cantare ovunque, vorrei tornare con la mia band sul palco e fare i tour grandi che durano tre mesi cantando le mie canzoni, vorrei fare la vita da artista.

Poi in realtà ho un sacco di altri progetti relativi alla scrittura, alla radio, tutti progetti affini che grazie al lockdown sono riuscito a tirare fuori insieme all’etichetta l’Ultratempo e alla mia manager Elisabetta Galletta.
Prima delle nuove disposizioni stavamo programmando una serie di concerti live, ma a seguito dei nuovi decreti, stiamo cercando di adattarci valutando la possibilità di organizzare dei concerti in modalità in streaming che ancora stiamo sviluppando ma è nei programmi, perché veramente non ce la facciamo proprio senza cantare live, ma ovviamente la salute prima di tutto. Allo stesso tempo stiamo comunque progettando la presentazione live di Scusami ma sono felice e dei nuovi pezzi in generale per un prossimo futuro, affinché la riapertura ci trovi pronti. Stiamo preparando sia degli show in unplugged e sia degli show in elettrico per poi ritornare a bomba speriamo in primavera, con uno show che unirà sia i miei brani sia un po’ una rivisitazione del mio percorso artistico, un po’ un tessere le fila di chi ero e come sono arrivato fino a qui.
E poi spero di pubblicare tante altre canzoni, che già ci sono, sono scritte: l’album è praticamente finito, stiamo solamente organizzando i vari pezzi. Spero che nel 2021 i nuovi brani e il nuovo album siano fuori.

Un consiglio che daresti ai ragazzi che vogliono intraprendere un percorso musicale o comunque entrare in questo mondo?
Quello che consiglio ai ragazzi, che è un po’ quello che consiglio anche a me stesso, è: non smettete mai di credere in voi stessi nonostante tutti i “no” che ricevete.
Io ho ricevuto una marea di no eppure ancora sto qui, perché è anche grazie a quei no che oggi sono quello che sono, perché quei “no” me li ricordo bene. Direi quindi di credere sempre in se stessi e che un no e un si sono solo un parere in quel momento, sono solo una possibilità di crescita.
Quindi non fermatevi ai no ma allo stesso tempo non fregatevene: c’è una distinzione fra l’abbattimento e l’arroganza. Cercate sempre di stare nel mezzo. Un “no” è una possibilità di crescita e un “si” altrettanto, se visto bene. Una cosa che mi sento di aggiungere è di non fidarvi  sempre dei vostri amici che vi dicono che è tutto bello quello che fate, fatevi sentire da qualcun altro che non vi conosce e chiedetegli un parere onesto e sincero. Se veramente è quello che volete fare nella vita cercate di uscire dal vostro orticello e sentire altri pareri, ma come possibilità di crescita non come giudizio da cui dipenderanno le vostre scelte.
Voi dovete mantenere il vostro desiderio di portare avanti la musica. Fatevi aiutare dai consigli, ma scremateli: né da chi vi vuole troppo bene né da chi vi vuole troppo male. E fatelo sempre solo ed esclusivamente se vi batte il cuore quando lo fate, se non vi batte il cuore, smettete, ma se invece sentite che è solo la paura che vi frena, buttatevi.

 

*Sara Fiori

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Italiani bella gente

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