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FRANCESCA CONTE: UNA MENTE PROGETTUALE E UN AMORE A QUATTRO ZAMPE

Francesca Conte, quasi 28 anni, una laurea in architettura ed un amore per i cani, che l’ha portata a trasformare questa sua passione in un lavoro. Oggi ci racconta come sia stato possibile rendere il suo sogno una realtà quotidiana, non rinnegando il percorso di studi fatto, ma anzi cercando di integrarlo con le attività che ora svolge come educatrice cinofila e non solo.

Raccontaci un po’ chi sei e che cosa fai

Mi occupo principalmente di cinofilia ed il mio lavoro si divide in due parti. In una mi occupo della parte di asilo diurno in un centro cinofilo di cui la gestione è un po’ particolare, perché il centro cinofilo è casa di una persona, sono 5000 mq di spazio e c’è una veranda. Solitamente gli asili diurni sono campi con dei recinti, invece noi teniamo i cani tutti insieme, perché quello a cui puntiamo è la qualità e non la quantità, quindi ci sono pochi cani selezionati che devono stare bene fra di loro. Il focus principale è che vivano un’esperienza positiva. Questa attività la svolgo prendendo i cani, quindi non sono presenti i proprietari e faccio anche servizio di taxi-dog, per cui li prendo e li riporto a casa. Con me i cani si fanno sei ore fuori. Lì in asilo la cosa bella è che vicinissimo c’è la via Francigena per cui io li porto a fare passeggiate e li gestisco proprio come se fossero i miei cani. Ovviamente valutando con chi posso e con chi no, fanno la passeggiata con me sciolti, quando riusciamo io e i miei colleghi li portiamo al mare e gli facciamo fare esperienze di questo tipo.

Dal momento che lavoro con altri ragazzi, e che alcuni di noi si sono formati in scuola diverse – anche se con lo stesso approccio – la cosa bella è che c’è un confronto e c’è un’integrazione, uno scambio continuo e con loro mi son trovata subito bene.

L’altra parte di cui mi occupo è l’educazione di base, faccio percorsi con cuccioli e cani adulti, in cui le problematiche tipiche sono il fatto che tira il guinzaglio, o che è insicuro o che abbaia agli altri cani ad esempio. In questi casi andiamo a lavorare fondamentalmente sulla relazione con il proprietario, che è presente. La parte di educazione si basa sull’ “aggiustare” a livello relazionale quello che c’è fra il cane e il proprietario.

Spesso con una mia amica e collega faccio delle lezioni di gruppo, ovvero raggruppiamo tutti i nostri clienti, e realizziamo delle lezioni in cui c’è comunicazione sia col proprietario che con gli altri cani. La cosa che si conosce meno in realtà è sempre la comunicazione tra cani, per cui tante volte il proprietario mi dice che il cane va al parco, corre e si diverte, ma in realtà quel cane non si diverte neanche un po’. Insomma il focus è insegnare a capire le sfumature a livello comunicativo per fargli capire dove effettivamente il suo cane sta bene e dove no, sia con cani che con le persone.

Come nasce questo tuo amore per i cani e per gli animali in generale?

Da piccola volevo fare la veterinaria, era un grande sogno…poi in realtà ad oggi ti direi che non l’avrei mai fatta perché io ho un grande problema col sangue e soprattutto perché prima non si conosceva tanto la figura dell’educatore. Ho sempre avuto la passione per gli animali, a 7 anni ho iniziato ad andare a cavallo e ci sono andata per una vita, poi, sia per motivi personali sia perché mi è un po’ cambiata la visione degli animali in generale, ho smesso. Infatti sono diventata vegetariana, ed anche se andare a cavallo per me era bello, poi mi sono resa conto che nel salto a ostacoli ad esempio non è che il cavallo stia proprio benissimo.

Tutto è nato un’estate in cui ho trovato due cucciole per strada in Calabria – io ho i nonni calabresi ed in Calabria la situazione del randagismo è abbastanza tragica – hanno provato ad avvelenarle ed ho deciso di portarmele a casa. Mia madre era molto contraria ad avere un cane in casa per cui mi sono presa l’impegno di prendermene cura solo quel periodo in cui ero in Calabria e trovargli casa. Effettivamente così è stato, e quando gli ho trovato casa per mia madre è stata una tragedia. Dopo qualche mese ho saputo che era nata la cucciolata del mio, li ho fatti arrivare a Roma ed il mio è rimasto a casa. Da lì mi è un po’ cambiata la vita. Avere a che fare con il mio cane mi ha cambiato la visione della vita.

 

E l’architettura come si colloca in tutto ciò?

Nel frattempo mi ero già laureata alla triennale in architettura ed avevo iniziato la specialistica in restauro. Sono degli studi che io ho scelto perché l’arte è un’altra passione che ho, però più andavo avanti e più non mi sentivo tanto nel mio. Io sono una che se inizia una cosa la finisce e l’ho fatto anche con voglia, non è stata né una costrizione né un dovere.

In contemporanea con l’università ho iniziato il corso educatori e più stavo con il mio cane e più l’idea di stare chiusa in uno studio di architettura non mi allettava. Quando poi a ottobre 2017 mi sono laureata ho detto “Ok, e adesso?” In realtà in contemporanea facevo qualche lavoretto per mantenere gli studi e quando a gennaio mi è arrivata questa proposta dall’asilo – intanto avevo iniziato a fare qualche percorso educativo – ho detto “Tento questa strada”, e poi questa strada è stata.

 In realtà è tutto in evoluzione, ci sono dei progetti in mente in cui l’architettura mi potrebbe tornare utile. Perché il mio sogno, poi in realtà condiviso con le persone con cui lavoro, è quello di aprire una sorta di rifugio-canile, però con un’altra visione. Non il canile in cui il cane è poverino e sta male, ma un centro che sia un punto di riferimento anche per le persone e dove i cani che aspettano adozione stiano bene. Cose del genere stanno iniziando piano piano a prendere piede, ma non a Roma e nel Lazio.

L’idea è anche quella di non avere più la gabbia, come nel canile, ma appunto, grazie anche alla mia laurea in architettura, ideare degli spazi che non siano più il box chiuso di cemento freddo. Ho fatto la volontaria in canile per diversi anni, ho fatto adozioni, e lì è stata un’esperienza abbastanza tremenda. Diciamo che quello mi aveva un po’ allontanato da questo mondo, perché è un mondo un po’ particolare quello del volontariato però, a maggior ragione, vorrei un volontariato ed un mondo fatto in maniera diversa.

Quale è stato il momento in cui ti sei accorta che questa passione poteva diventare un lavoro?

Diciamo che il momento della mia laurea è stato un po’ un giro di boa, perché c’era da prendere una decisione in un verso o nell’altro. In realtà poi non chiudendo strade o porte, però sicuramente lì avevo già capito che la vita da studio non era per me. Io sono molto contenta della mia laurea, non penso né di aver buttato anni né tempo e l’ho fatto fino infondo, ma perché volevo farlo. Tante volte mi è capitato di sentirmi dire “Hai studiato così tanto e poi sei finita a fare la canara?”. In realtà l’architettura poi ti dà una mente progettuale, per cui anche la capacità di riuscire ad immaginare spazi sicuramente mi è stato d’aiuto. Poi è ancora tutto da vedere, ma per ora va bene così.

E invece quali sono e quali sono state le difficoltà del tuo lavoro?

Ovviamente non hai lo stipendio fisso a fine mese né vivi sereno. Diciamo che la mia felicità ne va molto di più dell’avere una certezza in quel senso. Ovvio è che ci sono tante variabili, una è che hai a che fare con le persone, e devo dire che a me stare con i cani ha insegnato tanto a rivalutare il rapporto con le persone. Chi dice “Amo più gli animali delle persone” non potrebbe fare mai questo lavoro, perché quando vai a fare educazione lavori principalmente con il proprietario, e lì ci vuole anche una capacità a stabilire un rapporto con la persona. In realtà in quello io ho trovato anche una parte molto bella, nel senso che spesso è difficile perché trovi un muro dall’altra parte, tante volte invece la gente ti è proprio grata, si affida, ti racconta problemi che vanno al di là del cane. Quindi le persone sono una grande variabile, perché magari c’è la volta che annullano la lezione o ci sono due gocce ed è una tragedia, è tosta arrivare a fine mese, però secondo me pure lì ci vuole tanto dell’inventiva propria. Non è un lavoro che né ti cade dal cielo e né ti succedono le cose se le aspetti. C’è da faticare sempre.

E poi l’altra cosa difficile è stata farlo accettare, in famiglia soprattutto, però lo capisco.

Un messaggio per chi vuole rendere una passione una sua realtà quotidiana, un lavoro, anche se l’esterno non proprio aiuta?

Io lo vedo da come mi sveglio la mattina, io mi sveglio e sono contenta, quando faccio il mio lavoro sono contenta, ma come è altrettanto contenta la gente che si è laureata con me e ha trovato lavoro in un ufficio di architettura. Diciamo che la persona con cui devi fare i conti tutta la vita sei tu: io non me lo sarei mai perdonato di non darmi l’opportunità di tentare. Inizialmente è stato un tentativo, poi per ora per me è andato bene. Finché ne vale la pena, vale la pena tentare, questo secondo me è abbastanza fondamentale.

*Sara Fiori

Italiani bella gente

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